La sentenza in Appello
Morì nel cantiere per la costruzione delle torri di via Salvatore Allende a Salerno, la corte d’Appello conferme alcune condanne in primo grado, altre le ridetermina, prescritti alcuni capi d’imputazione.
LA SENTENZA
Come racconto il quotidiano La Città, il decesso avvenuto dell’operaio Andrea Cuomo di Santa Maria La Carità lavorava il 2 febbraio 2014 alla costruzione di una delle torri della zona ovest di Salerno, non lontano dallo stadio Arechi.
I magistrati di secondo grado hanno condannato il 64enne noto imprenditore edile Antonio Pastore a quattro anni e sei mesi di reclusione (in primo grado la condanna era stata di sei anni e sei mesi, ma due capi d’imputazione sono andati prescritti), a tre anni e sei mesi la 34enne figlia Annalisa della Pastore &Co, e il 44enne Umberto e il 73enne padre Giovanni Luigi Nocera a un anno ciascuno, come in primo grado. Per il 58enne colonnello dei carabinieri Francesco Merone (condannato in primo grado a tre anni e sei mesi di reclusione) l’imputazione a suo carico è stata dichiarata prescritta. Per tutti gli imputati sono rimasti le statuizioni civili.
LA TRAGEDIA
Il 2 dicembre di 11 anni fa, fu colto da una trombosi coronarica il 57enne Andrea Cuomo, mentre era a lavoro nel disarmo di alcuni pilastri nel cantiere “Torre Orizzonte due” in via Salvador Allende a Salerno. Cuomo cadde poi da un’altezza di poco più di tre metri, da un’impalcatura che, per l’accusa, non era ben protetta. L’operaio della provincia di Napoli non sarebbe mai stato sottoposto a visita medica dalla quale si sarebbe potuta diagnosticare la malattia cardiaca che lo rendeva non impiegabile in un lavoro gravoso e all’aperto in una giornata fredda.
LE ACCUSE
Di omicidio colposo erano accusati i due Pastore. Prescritta la frode processuale e intralcio alla giustizia era imputato Antonio Pastore, perché dopo la morte di Cuomo avrebbero usato violenze e minaccia intimando in modo perentorio e minaccioso agli operai presenti sul cantiere di non rilevare la circostanza, di tempi e di luogo, della caduta; di smontare il ponteggio per sostenere la giustificazione che l’operaio si era accasciato all’improvviso senza essere su impalcature. Per la frode la condanna è intervenuta solo per Antonio Pastore ad altri due anni di reclusione, mentre Giovanni Luigi Nocera già era stato assolto in primo grado per non aver commesso il fatto. Per l’intralcio alla giustizia, invece, Pastore senior e il 73enne Nocera erano stati assolti in primo grado.
IL COLONNELLO
Merone (già comandante del Reparto operativo di Salerno e vicepresidente della cooperativa edilizia La Fidelitas della quale Nocera era direttore dei Lavoratori eseguiti in subappalto dalla ditta gestita di fatto da Antonio Pastore) era imputato perché al momento della caduta sarebbe stato presente nell’attiguo cantiere e, da ufficiale di polizia giudiziaria, non avrebbe impedito la presunta alterazione dei luoghi commesso da Antonio Pastore. Avrebbe pure omesso di riferire il tutto ai colleghi della stazione di Salerno Mercatello e al pm intervenuti sul posto per ricostruire quanto accaduto, favorendo chi l’avrebbe commesso: la condanna in primo grado era intervenuta limitatamente all’elusione delle indagini e in Appello è stato dichiarato prescritto, mentre è stato assolto per la restante parte già nel primo processo.
GLI ABUSI EDILIZI
Prescritti in primo grado tutti i reati edilizi imputati per i due Nocera (il figlio Umberto nella qualità di amministratore unico della Panorama srl era l’unica contestazione) e i due Pastore perché avrebbero realizzato alcune opere in assenza del permesso per costruire, tranne un’accusa per i quali questi quattro sono stati condannati a un anno di reclusione per aver eseguito i lavori in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico (pena sospesa per i due Nocera).
LE DIFESE
Soddisfatti dell’esito del processo in secondo grado i legali della Fillea Cgil, assistiti dagli avvocati Aldo Avvisati del foro di Torre Annunziata e Domenico Di Criscio di quello di Napoli. I due Pastore e i Nocera sono difesi dagli avvocati Giuseppe Della Monica e Ludovico Di Brita. A difendere il colonnello Merone, l’avvocato Michele Tedesco. Paola Iani difende la Pastore & co.
