Il boss “Nardiello” ha una condanna a 20 anni, Vicidomini e Fiume 16 a testa. Busillo di Scafati e Lano di Pagani 6 anni. Due assoluzioni. Era l’inchiesta in cui era coinvolto anche il boss nocerino Antonio Pignataro, defunto un mese fa
Dalla Calabria, la cocaina arrivava nel Vesuviano, a Scafati, Pagani, Roccapiemonte e soprattutto Nocera Inferiore e in abbreviati arrivano le pesanti condanne.
LE CONDANNE
Quasi un secolo di reclusione complessivi. Il promotore, il boss di Torre Annunziata Domenico Tamarisco “Nardiello” condannato a 20 anni di reclusione, 16 anni ciascuno a Luigi Vicidomini di Nocera Inferiore e a Patrizio Fiume detto l’Immortale di Torre del Greco, 12 anni per Salvatore Maiorino di Nocera Inferiore. Metropolis ricorda che a loro veniva contestato il reato associativo e alla fine hanno incassato pene superiori alle richieste di condanna presentate dall’Antimafia di Catanzaro.
Sei anni per il paganese Gianluca Lano, residente a Roccapiemonte, e lo scafatese Ivano Busillo, giudicati e condannati senza aggravante. Assolti il calabrese Fabio Scaglione e Vittorio Casillo di Terzigno. Per altri sei (calabresi) pene poco più per 20 anni. Lo ha stabilito il gup del tribunale di Catanzaro dove è stato incardinato il giudizio con il rito abbreviato.
L’INDAGINE
Secondo la pubblica accusa di Catanzaro, la droga da Scalea al Napoletano passando per l’Agro nocerino sarebbe arrivata-grazie a un patto siglato in Calabria e in Campania sotto le direttive di “Nardiello” Tamarisco originario di Torre Annunziata e del boss nocerino ex Nco Antonio Pignataro (killer di Simonetta Lamberti uccisa nel 1982 morto il mese scorso nella sua casa di Scalea dov’era ai domiciliari). Antonio Pignataro insieme ad altri aveva scelto di proseguire con il rito ordinario diversamente da quelli che ieri hanno concluso il primo grado con il rito abbreviato.
Gli inquirenti avevano ricostruito la struttura del sodalizio stesso con ripartizione dei compiti di fornitori, acquirenti, corrieri, custodi e distributori della droga, ma anche i canali di approvvigionamento.
Dalle indagini era quindi emersa l’esistenza di un gruppo dedito allo spaccio di stupefacenti guidato da “Nardiello” Tamarisco sorvegliato speciale nel comune di Scalea. Lui si sarebbe posto quale elemento di collegamento tra soggetti riferibili a clan camorristici di Torre Annunziata e altri affiliati a cosche calabresi attive nel Reggino, con lo scopo di reperire ingenti partite di cocaina a prezzi di favore da trasferire in Campania.
Tamarisco si sarebbe servito di sodali calabresi conosciuti durante la sua permanenza a Scalea per essere scortato a summit organizzati in Campania con esponenti di vare consorterie con i quali avrebbe intrattenuto affari illeciti.
Il defunto Pignataro invece (reato estinto per sopraggiunta morte) «avrebbe messo a disposizione il proprio immobile a Scalea per un summit del clan oltre a custodire i proventi dell’attività di narcotraffico (21mila euro in contanti)».
