La sentenza prevista a partire dal 14 aprile
Un ergastolo da confermare, un fine pena mai e 27 anni di reclusione per altri due imputati nell’ambito del processo sull’omicidio di Armando Faucitano avvenuto in piazzetta Genova a Scafati nella primavera del 2015. Per l’accusa oltre Carmine Alfano (condannato al fine pena mai nel primo grado), anche Marcello Adini (richiesta di ergastolo) e Pasquale Rizzo ‘o tedesco assistito da Pasquale Morra (istanza di 27 anni di carcere) sono colpevoli dell’efferato delitto e rispondono di omicidio volontario aggravato dal metodo mafioso.
È quanto chiesto ieri a capo di una articolata requisitoria dal sostituto procuratore Giancarlo Russo ai giudici e alla giuria popolare della Corte d’Assise d’Appello di Salerno. Istanza di conferma della condanna per ricettazione anche per Giovanni Barbato Crocetta. Sentenza prevista per maggio dopo le discussioni dei legali, che inizieranno il prossimo 14 aprile. Difeso da Francesco Matrone e Giuseppe Della Monica, l’esponente del clan di Boscoreale Aquino-Annunziata era stato condannato all’ergastolo mentre gli altri coimputati erano stati assolti “per non aver commesso il fatto”.
I giudici di primo grado avevano rimarcato come lo stesso Alfano si sia procurato la moto “pezzottata” per il delitto tramite Barbato Crocetta (non avrebbe saputo dell’utilizzo del mezzo) e come qualche giorno prima dell’agguato a Faucitano abbia minacciato in strada alcune persone a cui si era rivolto lo stesso Dino al fine di ottenere un prestito di 700 euro per estinguere il debito per la droga che la vittima avrebbe avuto con Alfano.
Per la Dda di Salerno la vittima fu attirata in piazza Falcone e Borsellino, luogo dell’agguato, da Rizzo con la scusa di consumare uno spinello. Della loro presenza sulla panchina i killer, Adini e Alfano, sarebbero stati informati sempre da Rizzo che aveva spifferato ad Alfano le confidenze di Faucitano circa alcune “spiate” ai carabinieri.
L’omicidio, in realtà, era maturato in seguito ad un litigio tra la vittima e Alfano sulla partita di erba non pagata. L’affronto all’interno di un bar di Scafati e il mancato pagamento portarono Alfano, ritenuto contiguo ai clan di Boscoreale, Aquino-Annunziata, ad ordinare l’uccisione del debitore. Un omicidio che per la Dda ha avuto una “veste mafiosa” – come ribadito pure dalla Cassazione – «non solo nelle modalità esecutive, ma anche negli atteggiamenti omertosi assunti dai testimoni”.
Ieri la lunghissima requisitoria di Rocco Alfano che ha portato a chiedere l’ergastolo per i tre ritenuti gli autori di quell’omicidio con Rizzo ad aver avuto un ruolo determinante per quell’omicidio. Nel processo dell’omicidio erano stati prosciolti – su richiesta della pubblica accusa – inoltre Vincenzo Alfano, fratello di Carmine, Antonio Matrone detto Michele e figlio del boss Franchino ‘a belva, morto l’anno scorso in carcere e Vincenzo Pisacane conosciuto con l’appellativo di coccodè. Per loro nessun ricorso. Si torna in aula il prossimo 14 aprile con la discussione del collegio difensivo.
