Inammissibile il ricorso contro l’accordo tra il Comune di Nocera Inferiore e Iacp Futura

L’indennizzo era stato pattuito per gli scheletri di Montevescovado. La sentenza

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Il Tar Campania con sentenza n. 610 del 31 marzo 2025 ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’ex assessore della città di Nocera Inferiore, avvocato Ciro Amato, promosso nei confronti dell’Amministrazione locale e della curatela del fallimento ACP Futura. Con l’azione intrapresa il ricorrente chiedeva l’annullamento della delibera di Consiglio Comunale n. 21 del 16 dicembre 2024, avente ad oggetto l’accordo transattivo tra l’ente e la curatela, relativo all’indennizzo dovuto per gli scheletri di Montevescovado, per i quali, dopo la Conferenza di Servizi indetta, riprenderanno i lavori di completamento degli alloggi.
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«L’Amministrazione Comunale proseguirà tutte le attività di riqualificazione di un’area, quella di Montevescovado, che sta vedendo l’avvio di un processo reale, concreto e globale di riqualificazione» afferma il Sindaco, Paolo De Maio.
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LA SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 364 del 2025, proposto da avvocato Ciro Amato, in proprio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio sito in Nocera Inferiore, alla Via Villanova, n. 21-28;

contro

Comune di Nocera Inferiore, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Feliciana Ferrentino, Sabato Criscuolo e Ennio De Vita, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Curatela Fallimentare della Società “I.A.C.P. Futura s.r.l.”, in persona dei Curatori dottor Gianpiero Sabatino e avvocato Vincenzo Nocilla, rappresentata e difesa dall’avvocato Antonio Scuderi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

a. della Delibera del Consiglio Comunale di Nocera Inferiore n. 21 del 16 dicembre 2024, pubblicata all’albo pretorio in data 20 dicembre 2020, avente ad oggetto: “Vertenza Comune di Nocera Inferiore c/ Curatela Fallimento Iacp Futura – Definizione Transattiva”;

b. dell’atto di transazione stipulato in data 23 dicembre 2024, tra il Comune di Nocera Inferiore e la Curatela Fallimentare della società I.A.C.P. Futura s.r.l., conosciuto a seguito dell’accesso agli atti protocollo 0009483 del 11 febbraio 2025;

c. del parere espresso con atto reg. protocollo 0019603 del 25 marzo 2024 dal Funzionario responsabile del servizio cura della città e cimitero del Comune di Nocera Inferiore avente ad oggetto: “Relazione istruttoria circa la sentenza CDS n.10484/2023 – rif. Fallimento IACP Futura” conosciuto a seguito dell’accesso agli atti protocollo 0009483 del 11 febbraio 2025;

d. per quanto occorra, della Delibera della Giunta Comunale di Nocera Inferiore n. 92 del 27 marzo 2024, avente ad oggetto: “Vertenza Comune di Nocera Inferiore c/ Fallimento Iacp Futura – Atto di indirizzo per la definizione transattiva” conosciuta a seguito dell’accesso agli atti protocollo 0009483 del 11 febbraio 2025;

e. di ogni altro atto presupposto, connesso, collegato e conseguenziale.
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Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Nocera Inferiore e della Curatela Fallimentare della Società “I.A.C.P. –Futura s.r.l.”;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2025 la dott.ssa Laura Zoppo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso in epigrafe, il ricorrente, in qualità di contribuente del Comune di Nocera Inferiore, domanda l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, della delibera n. 21 del 16 dicembre 2024, con la quale l’ente resistente ha approvato lo schema di un accordo transattivo con la Curatela Fallimentare della società “I.A.C.P. Futura s.r.l.”, nonché di tutti gli atti ad essa presupposti, connessi e conseguenziali, tra cui l’atto di transazione intervenuto tra le parti in data 23 dicembre 2024.

Parte ricorrente rappresenta in fatto che, con delibera del Consiglio Comunale di Nocera Inferiore n. 4 del 30 marzo 2015, l’amministrazione comunale ha adottato un provvedimento di risoluzione per inadempimento della Convenzione n. 2790 del 25 febbraio 2005 stipulata con la società “I.A.C.P. Futura s.r.l.”, poi fallita.

Deduce che la delibera de qua è stata oggetto di pronto gravame dinanzi a questo Tribunale.

Nello specifico e per quanto di interesse ai fini del presente giudizio, il ricorrente rappresenta che, con ricorso n.r.g. 1203/2015, la Curatela Fallimentare della società “I.A.C.P. Futura s.r.l.” ha domandato a questo Tribunale l’accertamento del suo diritto al rimborso di alcune spese versate in bonis dalla società e di quello ad ottenere l’indennizzo per le opere effettivamente realizzate in esecuzione della risolta convenzione.

Con sentenza n. 1878 del 28 giugno 2022, questo Tribunale ha dunque accertato il diritto della Curatela all’indennizzo previsto dall’art. 19 della Convenzione n. 2790 del 25 febbraio 2005, da quantificarsi ai sensi dell’art. 34, comma 2 c.p.a., e, per l’effetto, ha condannato il Comune di Nocera Inferiore al relativo pagamento.

Avverso l’anzidetta statuizione, l’ente comunale ha interposto appello al Consiglio di Stato, il quale, con sentenza n. 1248 del 4 dicembre 2023, ha censurato la decisione del giudice di prime cure nella parte in cui ha indicato i criteri di quantificazione delle somme dovute ai sensi dell’art. 34, comma 2 c.p.a. e non invece applicando il meccanismo sancito dall’art. 19 della convenzione medesima.

A questo punto, con delibera n. 21 del 6 dicembre 2024, l’ente comunale ha approvato uno schema di accordo transattivo con la Curatela Fallimentare della società “I.A.C.P. Futura s.r.l.”, con il quale si è obbligato a corrispondere, in favore di quest’ultima, la somma di € 1.075.000,00 a titolo di indennizzo.

Censurando l’atto de quo, unitamente all’accordo transattivo in seguito stipulato e a tutti gli atti ad esso presupposti, connessi e conseguenziali, il ricorrente ne rappresenta l’illegittimità per eccesso di potere, difetto di motivazione e illogicità manifesta.

Secondo l’assunto attoreo, la delibera gravata, nel quantificare le somme dovute, non avrebbe tenuto in debito conto la circostanza per cui la società “I.A.C.P. Futura s.r.l.” aveva già incassato alcune somme a titolo di contributi regionali e mutuo ipotecario concesso dal Banco di Napoli, nonché rilevanti risorse economiche per opere realizzate, pari ad €11.139.000,00, a fronte di una stima di valore delle stesse pari a €5.849.408,00.

A detta del ricorrente, il deficit di istruttoria e di motivazione inficiante il provvedimento epigrafato sarebbe altresì reso evidente dalla circostanza per cui questo ha omesso di richiamare, anche al solo fine di superarlo, il parere legale redatto a seguito di richiesta dell’amministrazione comunale in data 9 giugno 2017, secondo cui l’ente non avrebbe dovuto versare l’indennizzo de quo alla controparte in quanto assorbito dai già corrisposti contributi regionali.

Si è costituito in giudizio per resistere il Comune di Nocera Inferiore che ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione ad agire della parte ricorrente, non essendo questa titolare di un interesse personale, diretto, differenziato e qualificato, idoneo a sorreggere l’impugnativa di una determinazione comunque non immediatamente lesiva. Ha dedotto l’amministrazione che il ricorrente neppure sarebbe legittimato ai sensi dell’art. 9 del TUEL, non ricorrendone i necessari presupposti.

Il ricorso avverso la delibera gravata sarebbe altresì inammissibile, secondo l’assunto comunale, essendosi consolidato definitivamente l’assetto degli interessi tra le parti in seguito all’avvenuta stipula della transazione; di guisa che ogni eventuale doglianza avrebbe potuto al più riguardare l’atto transattivo, rientrante però nella fase negoziale della relativa procedura e comunque impugnabile solo dalle parti in ipotesi tipiche e tassative previste dalla legge.

L’ente comunale ha rilevato, altresì, l’infondatezza del ricorso nel merito, atteso che le sentenze amministrative richiamate avrebbero escluso qualsivoglia detraibilità dei contributi regionali erogati e delle somme versate alla società a titolo di mutuo dall’importo dovuto come indennizzo.

Quanto, poi, alle contestazioni avverso la relazione istruttoria che ha stimato il valore delle opere realizzate, evidentemente generiche, l’amministrazione ha eccepito che le risorse economiche di cui avrebbe beneficiato la concessionaria sarebbero estranee e irrilevanti ai fini dell’indennizzo, avendo il Consiglio di Stato escluso l’applicabilità dell’art. 34 c.p.a. per procedere alla relativa quantificazione.

In ordine all’asserito difetto di motivazione per mancata valutazione del parere legale del giugno 2017, il Comune di Nocera Inferiore ha dedotto l’assoluta inconferenza del richiamo, essendosi lo stesso basato su una decisione giudiziale pervenuta ad un esito differente su una distinta questione.

Ha quindi concluso per la correttezza dell’operato comunale, poiché avvenuto nel pieno rispetto del principio di legalità e in ottemperanza alla definitiva statuizione del Consiglio di Stato. Si è costituita in giudizio pure la controinteressata Curatela Fallimentare della società “I.A.C.P. Futura s.r.l.”, la quale ha in via preliminare eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione ad agire del ricorrente, oltre che per difetto di un interesse personale, diretto, concreto e attuale alla proposizione dell’azione.

Nel merito, la controinteressata, richiamando l’art. 19 della convenzione, ha rappresentato che in sede di calcolo degli indennizzi il concessionario risponde solo delle penalità dovute al Comune, mentre ha diritto ad ottenere il valore economico di stima delle opere realizzate. Dunque, eventuali crediti che altri soggetti possano vantare nei confronti della società in bonis debbono essere fatti valere solo attraverso la procedura fallimentare con la richiesta di inserimento nella massa attiva, istanze che sono state avanzate sia dall’Istituto di Credito che dalla Regione Campania.

In altre parole, non sarebbe invocabile il meccanismo compensativo paventato dal ricorrente, risultando diverse le posizioni debitorie/creditorie e non ricorrendo neppure le condizioni previste dal 1243 c.c.

Ha così concluso per l’infondatezza del ricorso nel merito. Con successiva memoria versata in atti, parte ricorrente ha dichiarato di rinunciare alla domanda cautelare e ha proposto istanza di verificazione. La causa è stata chiamata alla camera di consiglio del 26 marzo 2025 ed è stata trattenuta in decisione con preavviso di sentenza breve ex art. 60 c.p.a.

DIRITTO

In limine, va dato atto che, benché il ricorrente abbia dichiarato di rinunciare all’istanza cautelare, sussistono comunque i presupposti per la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata ex art. 60 c.p.a..

Basti a tal proposito rilevare che le uniche cause ostative alla definizione del giudizio in esito all’udienza cautelare sono quelle precipuamente enunciate dalla norma richiamata, ossia il difetto del contraddittorio, la non completezza dell’istruttoria – che spetta al collegio decidente apprezzare – e la dichiarazione della parte circa la volontà di proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale, regolamento di competenza, ovvero regolamento di giurisdizione, tutte insussistenti nel caso che ci occupa (ex multis Consiglio di Stato, Sez. V, 28 luglio 2015, n. 3718).

Sicché, stante la manifesta inammissibilità del ricorso, tenuto conto della ratio acceleratoria che presiede l’art. 60 c.p.a., nonché del principio costituzionale sancito all’art. 111 Cost., che ne costituisce fondamento, questo Collegio ravvisa l’esigenza e l’opportunità della sollecita definizione della causa.

Il ricorso, invero, è manifestamente inammissibile sotto diversi e autonomi profili. Innanzitutto, emerge il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adito.

Com’è noto, in linea di principio, il criterio di riparto giurisdizionale si fonda, non sulla prospettazione della situazione giuridica soggettiva fatta dalla parte che propone la domanda, ma sull’effettiva consistenza della situazione soggettiva alla stregua di diritto soggettivo o interesse legittimo vantata; ciò che rileva è, in altri termini, il cd. petitum sostanziale, identificato in funzione della causa petendi (Cassazione Civile, Sez. Un., 31 luglio 2018, n. 20350).

Orbene, nella specie il petitum sostanziale della domanda avanzata davanti al giudice amministrativo, ovvero l’oggetto della presente controversia, è costituito dall’accertamento di un ipotetico danno, derivante dall’esecuzione della stipulata transazione, al patrimonio comunale e, di conseguenza, al patrimonio del ricorrente quale contribuente dell’amministrazione.

Dunque, pur avendo il ricorrente formalmente impugnato il provvedimento amministrativo comunale che ha approvato lo schema dell’atto di transazione stipulato tra le parti, asserendo di essere titolare di un interesse legittimo alla corretta gestione della pubblica finanza, la lamentata lesione deriverebbe in realtà dall’accordo di transazione stipulato tra le parti, ovverosia dall’esecuzione di un rapporto integralmente disciplinato dal diritto di privato. Ed invero, la volontà espressa dal Comune nella gravata delibera si è effettivamente e definitivamente concretizzata con la stipula dell’accordo transattivo, atto negoziale che, involgendo interessi patrimoniali delle parti in posizione di equiordinazione, non può essere ricompreso nella categoria dei contratti ad oggetto pubblico e dunque la cognizione relativa al contenuto in esso riprodotto, asseritamente lesivo dei diritti di un terzo ad esso estraneo, deve essere necessariamente devoluta alla giurisdizione del giudice dei diritti.

In secondo luogo, il ricorso è in ogni caso inammissibile per mancanza delle cd. condizioni dell’azione, come correttamente eccepito sia dal Comune che dalla Curatela controinteressata.

A riguardo, è d’uopo precisare, in punto di diritto, che la proponibilità dell’azione giudiziale, rectius la possibilità per il giudice adito di procedere all’esame nel merito della fondatezza della domanda proposta dalla parte, è assoggettata alla sussistenza delle cd. condizioni dell’azione, individuate nella legittimazione e nell’interesse ad agire.

Queste costituiscono i principali filtri processuali dell’azione giudiziale, aventi una funzione deflattiva delle domande proposte, oltre che di controllo di meritevolezza dell’interesse sostanziale azionato.

Più di precipuo, la legittimazione ad agire individua il soggetto cui spetta il diritto di azione. Essa rinviene il suo addentellato normativo nell’art. 24 della Costituzione ed è strettamente ancorata alla situazione giuridica soggettiva sostanziale fatta valere in giudizio.

Per quanto di interesse in questa sede, è d’uopo precisare che nel giudizio amministrativo, diversamente da quanto accade nel processo civile, al fine di accertare la sussistenza della condizione processuale in commento, non è sufficiente che il ricorrente affermi di essere titolare della pretesa sostanziale fatta valere, occorrendo la preliminare verifica, da parte del giudice adito, dell’effettiva titolarità in capo al medesimo di una posizione giuridica configurabile alla stregua di un interesse legittimo, ovvero di una situazione qualificata e differenziata di tipo oppositivo o pretensivo, che consenta di distinguerlo dal cd. quisque de populo (ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 15 marzo 2021, n. 2224).

Ed invero, come precisato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nel nostro sistema di giurisdizione soggettiva, la verifica della legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati non va compiuta nell’astratto interesse generale, essendo al contrario finalizzata all’accertamento della fondatezza della pretesa sostanziale fatta valere, ritualmente, dalla parte attrice (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 7 aprile 2011, n. 4).
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Il ricorso non assurge, dunque, a mera “occasione” del sindacato giurisdizionale sull’azione amministrativa; di talché, onde potersi procedere allo scrutinio del ricorso nel merito, è necessario che il soggetto che agisce sia effettivamente titolare di una posizione giuridica qualificata e differenziata, lesa o danneggiata dall’Amministrazione, restando preclusa ogni iniziativa giurisdizionale sorretta dal solo interesse al corretto esercizio dei poteri amministrativi, occorrendo peraltro un interesse concreto ed attuale alla rimozione degli effetti pregiudizievoli prodotti dal provvedimento controverso (Consiglio di Stato sez. V, 23 agosto 2023, n.7925).

Orbene, facendo applicazione delle superiori coordinate ermeneutiche, appare evidente come, nel caso di specie, il ricorrente non vanti alcuna situazione giuridica soggettiva idonea ad integrare la cd. “legittimatio ad causam”.

L’interesse di ogni cittadino contribuente a che l’amministrazione comunale provveda diligentemente alla gestione del proprio patrimonio, evitando aggravi di spesa privi di giustificazione causale, non si appalesa, invero, sufficientemente differenziato e qualificato, non essendo teso verso alcun bene della vita, ma assurgendo, al contrario, a mero interesse di fatto, rientrante nell’area di ciò che è giuridicamente irrilevante.

In altre parole, il consociato che si ritenga comunque leso dall’attività amministrativa comunale di gestione della pubblica finanza, che non incide, tuttavia, direttamente sui propri interessi o diritti patrimoniali, ovvero su una situazione giuridica a lui chiaramente ascrivibile, non si colloca in una posizione diversa da quella del quisque de populo, essendo il mero interesse alla legalità e alla legittimità dell’agere dei pubblici poteri ex se insufficiente ad integrare la condizione processuale della legittimazione al ricorso.

Diversamente opinando, si finirebbe per abusare dello strumento processuale, dando rilievo ad interessi semplici, del tutto immeritevoli di tutela giurisdizionale.

Né, al fine di colmare la carenza dell’anzidetto filtro processuale, può ragionevolmente invocarsi, nel caso in esame, l’art. 9, comma 1, del D.lgs. n. 267/2000, atteso che l’azione da esso contemplata ha natura sostitutiva o suppletiva, e non già di tipo correttivo (in cui l’attore contrasta con l’ente stesso al fine di rimuovere gli errori e le illegittimità da questo commessi), di modo che il suo presupposto necessario va rinvenuto solo nell’omissione, da parte dell’ente, dell’esercizio delle proprie azioni e ricorsi.

Più precisamente, l’ipotesi in questione costituisce uno dei casi in cui, in deroga all’art. 81 c.p.a., può aversi un legittimo fenomeno di sostituzione processuale, conferendo una determinata disposizione di legge al cittadino elettore dell’ente locale una forma di “legittimazione speciale”, la quale, pur non fondata sulla titolarità propria e diretta di una posizione giuridica, costituisce, tuttavia, titolo autonomo –basato solo sulla previsione di legge e sul presupposto da questo previsto (ossia l’omissione, da parte dell’ente, dell’esercizio delle proprie azioni e dei ricorsi)- per adire il giudice (ancorché la titolarità delle posizioni giuridiche che si intendono tutelare sia propria dell’ente locale).

L’iniziativa sostitutiva postula, dunque, da un lato, una situazione giuridica attiva in capo all’ente da tutelare mediante azione giudiziale, dall’altro, l’inerzia dello stesso ente nel far valere detta situazione giuridica in sede processuale (da ultimo Consiglio di Stato, Sez. V, 12 novembre 2024, n. 9046). Nel caso in esame, tuttavia, difettano i presupposti in parola, atteso che il ricorrente non agisce in via suppletiva, instando per la declaratoria di illegittimità di un provvedimento emesso dall’ente comunale e contestando, in sostanza, la correttezza dell’agere pubblico.

Si aggiunga che nel giudizio di cui è causa, neppure è ravvisabile il cd. interesse a ricorrere (legittimatio ad processum), che corrisponde a una specifica utilità o posizione di vantaggio attinente a uno specifico bene della vita, contraddistinto indefettibilmente dalla personalità e dall’attualità della lesione subita, nonché dal vantaggio ottenibile dal ricorrente a seguito dell’eventuale accoglimento della domanda giudiziale.

La delibera gravata, in uno con l’accordo transattivo, per quanto già previamente esposto, non concretizza alcuna diretta ed immediata lesione della sfera patrimoniale di parte ricorrente; sicché dall’accoglimento del ricorso in epigrafe, e dunque dall’annullamento dell’atto de quo, l’attore non ricaverebbe alcun vantaggio pratico (o anche morale, o strumentale), effettivo ed utile a tutelare una propria situazione giuridica sostanziale.

Per le ragioni suesposte, il ricorso è dunque inammissibile. Stante la definizione in rito della controversia esaminata, appare equo disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2025.

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