Operazione click day, il raggiro che sfruttava gli immigrati passo dopo passo

L’indagine tra l’Agro nocerino e la Piana del Sele e Cilento che continua a svelare raggiri su raggiri sulla pelle dei migranti e delle aziende serie

Per arrivare in Italia in maniera regolare o meglio presunta tale i poveri migranti pagavano 6-7 000 euro ciascuno agli intermediari nei loro paesi che gli assicuravano un arrivo nella nostra Penisola secondo i flussi ufficiali, senza dover patire l’inferno dei barconi. Soldi che andavano poi per la maggior parte all’organizzazione italiana che metteva su il raggiro dei falsi rapporti di lavoro e l’ingresso con il Click Day, intascando milioni e milioni di euro sulla pelle dei poveri migranti. Uomini che lasciavano tutto nei loro paesi, mettendo insieme il denaro raccolto anche tra i familiari per assicurarsi un avvenire sicuro, ma che in realtà non trovavano nulla ad attenderli in Italia, visto che i rapporti di lavoro erano falsi. Per i lavoratori si profilava solo ed esclusivamente il lavoro nero e sottopagato.

I NUMERI
Per 2000 posizioni di migranti irregolari scoperte in questo nuovo filone dell’inchiesta della Dda di Salerno dei carabinieri della Guardia di finanza non rimaneva altro che spesso andare via dall’Italia. Il paradosso, come ha sottolineato i procuratore capo Giuseppe Borrelli, «è che i posti previsti con il decreto flussi che dovevano entrare regolarmente in Italia difatti venivano coperti da immigrati in arrivo attraverso l’organizzazione criminale, mentre le aziende che avevano bisogno della manodopera straniera rimanevano senza operai o braccianti, con grave danno per l’economia.

IL DANNO PER LE AZIENDE SANE
E così al danno per gli immigrati si aggiungeva anche quello per il sistema produttivo agricolo e industriale dell’Italia, che rimaneva senza personale non potendo impiegare quello entrato con il raggiro del click day. Agli immigranti che avevano pagato settemila euro non rimaneva lo sfruttamento e il lavoro nero.

UNA GANG RAMIFICATA
«Era un’organizzazione con diversi indagati che operavano al servizio dei sodali ma anche per altri gruppi, mettendo insieme le proprie esperienze maturate anche a livello di avvocati e commercialisti, per assicurare l’accoglimento delle pratiche del decreto flussi 2020 – ha sottolineato il procuratore Borrelli -. A questo si aggiunge anche il ruolo svolto dei tre ispettori del lavoro, due di Napoli ed uno di Salerno, attivo nelle commissioni stranieri all’interno delle prefetture».

I RUOLI
Nell’inchiesta, 46 sono gli indagati, di cui 31 sono per associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, corruzione, falso in atto pubblico e autoriciclaggio, promossa e organizzata da Raffaele Nappi, 64enne di Capaccio, della quale farebbero parte 12 intermediari, tutti stranieri, tra i migranti e l’organizzazione, tre commercialisti (Giuseppe e Nicola Salvati di Poggiomarino -Il secondo tesoriere del Pd regionale della Campania – e uno di Altavilla Salentina non attinto da misura cautelare), il materano Decimo Viola già coinvolto nella prima indagine del luglio scorso, l’impiegato del Patronato Inac Michele Mele di Sala Consilina e poi Mario Stasi, Angelo Franco, Cosimo Greco Vincenzo Apicella, Adelmo Attanasio, Armando Nappi (figlio di Raffaele) e Salvatore Nappi (nipote di Raffaele) titolari di alcune ditte formali fornitrici di lavoro di extracomunitari con il compito di inoltrare le domande e a testare falsamente la necessità di manodopera. Ed ancora Angelo Casillo ed un secondo indagato a piede libero con il compito di individuare terreni e procacciare e gestire i fittizi contratti di affitto e relativi titoli di proprietà di particelle catastali e ogni documento risultato poi fasullo. Ed infine Catello Cascone, attivo soprattutto nelle missioni di false fatture. Dell’associazione avrebbero fatto parte anche due ispettori del lavoro ed un intermediario con loro. Finisce anche in questo filone d’inchiesta l’avvocato Gerardo Cembalo già precedentemente arrestato sempre per una organizzazione autonoma legata sempre all’immigrazione clandestina

LA CORRUZIONE DEGLI ISPETTORI
Se i migranti pagavano 7mnila euro per l’ingresso, solo sulla carta regolare, attraverso il decreto flussi del 2020, un migliaia di euro andava agli intermediari (in alcuni casi anche di meno), attorno agli 800 euro agli ispettori del lavoro per garantire l’esito favorevole delle istanze e l’emissione dei falsi titoli d’ingresso o di soggiorno. La restante parte andava all’organizzazione per il valido titolo di soggiorno in Italia, l’inserimento e la gestione delle richieste fittizie di nullaosta al lavoro nell’ambito dei decreti flussi ed emersione, avvalendosi di aziende compiacenti – o create ad hoc – e di professionisti e intermediari pubblici e privati. Grazie poi all’ausilio di Catello Cascone di Scafati, anche lui emerso nelle indagini dello scorso anno con un ruolo analogo, Raffaele Nappi, promotore della gang, avrebbe riciclato parte dei proventi illeciti e poi distribuiti ad altri membri dell’organizzazione.

DI COSA SI OCCUPAVA LA GANG
Raffaele Nappi, dal suo centro operativo a Capaccio, aveva organizzato l’associazione con grande cura: intermediari stranieri recuperavano i cittadini interessati ad avere i documenti per entrare in Italia; i datori di lavoro delle aziende compiacenti erano stati già canalizzati per le loro incombenze; i dipendenti dei caf e patronati del gruppo presentavano le domande fittizie; i dipendenti pubblici dell’ufficio immigrazione territoriale ottenevano il parere positivo da parte dell’ispettorato del lavoro e alla fine lo stesso Raffaele Nappo distribuiva gli illeciti di proventi ai vari componenti.

UN GIRO DI FATTURE FALSE
Fondamentale era il giro di fatture per operazione inesistenti che richiesto l’intervento della guardia di finanza in fase di indagine e in quella esecutiva delle misure cautelari, in questo caso per il recupero dei solo circa centomila euro che sarebbe andati ai pubblici ufficiali (i tre ispettori del lavoro) e al dipendente del patronato. A sottolineare il ruolo dei finanzieri, rappresentati in conferenza stampa, dal generale Luigi Carbone, comandante provinciale di Salerno, è stato proprio il procuratore aggiunto Luigi Alberto Cannavale.

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