La spiegazione del Costituzionalista Giovanni D’Alessandro
Sono appena stati pubblicati sul sito della Corte costituzionale i comunicati relativi alle decisioni di ammissibilità dei quesiti referendari richiesti. E, mentre sono stati ritenuti ammissibili i referendum sulla cittadinanza italiana, sul contratto di lavoro a tutele crescenti, sulle piccole imprese, sul termine del contratto di lavoro subordinato e sulla responsabilità per infortuni subiti dal lavoratore, non è stato ritenuto, invece, ammissibile il referendum sull’abrogazione totale della legge “Calderoli” sull’autonomia differenziata.
PERCHÉ È STATO BOCCIATO IL QUESITO REFERENDARIO
«L’inammissibilità era nell’aria, per la verità, dopo la sentenza n. 192 del 2024 della stessa Corte, depositata a dicembre scorso, che ha annullato parti fondamentali della legge “Calderoli”, di fatto devitalizzandola – spiega il professor Giovanni D’Alessandro, docente universitario e costituzionalista – .
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Per adesso, però, l’Ufficio stampa della Corte rivela soltanto che l’inammissibilità è stata dichiarata perché l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari e ciò pregiudica la possibilità di una scelta consapevole da parte dell’elettore. Inoltre, il quesito referendario è stato ritenuto con una portata troppo ampia, tale da alterare la funzione dell’istituto di democrazia diretta, risolvendosi in una scelta sull’autonomia differenziata come tale, e perciò sullo stesso articolo della Costituzione che la prevede.
Il che nel nostro sistema costituzionale rigido non è consentito, non potendo il popolo essere chiamato ad abrogare una legge che indirettamente coinvolga una disposizione costituzionale. Com’è noto, le norme costituzionali possono essere solo sottoposte al referendum di garanzia previsto nell’ambito del procedimento di formazione delle leggi costituzionali e non certo anche al referendum abrogativo».
