Impiegate persone senza titoli. L’ordine Trsm–Pstrp chiede più posti per le laurea per evitare l’emigrazione in massa dei giovani, la mancanza dei servizi. Il caso degli osteopati
Alcuni istituti per la riabilitazione accreditati mancano di professionisti dei profili sanitari adeguati per offrire quell’assistenza pagata con fondi pubblici. Un’assistenza sempre più richiesta dalla popolazione e spesso chi se ne occupa non è iscritto all’apposito ordine previsto per legge. Non si tratta, però, solo di un fatto burocratico ma anche della qualità della offerta sanitaria. Al momento, l’Asl Salerno sta approfondendo di 52 educatori non iscritti all’ordine in tutto il salernitano solo tra le i centri convenzionati, ma essendo anche carente il settore di figure professionali. L’azienda sanitaria applica una delibera della Regione Campania che prevede la possibilità di far operare personale con esperienza, in attesa della regolamentazione di tutti gli operatori, essendo in ritardo nel recepimento della normativa nazionale del 2018 (Ministro Lorenzin). Un problema che riguarda in particolare i centri che hanno malati in regime di permanenza residenziale e semiresidenziale.
LA MANCANZA DI PROFESSIONISTI
Gli istituti più corretti sono costretti ad erogare servizi quantitativamente inferiore alle loro potenzialità e alle richieste, con danno per l’utenza, sia giovane sia anziana, quella più meno corretti utilizzano anche con personale con minore formazione.
Il problema vero, però, che i percorsi formativi per le professioni sanitarie attivate presso l’Università di Salerno, sono soltanto due, mentre l’ordine Trsm –Pstrp ne prevede 18, tanti quanto sono i suoi albi. A questo ordine sono iscritti, nei vari albi, i tecnici sanitari di radiologia medica, di laboratorio biomedico, audiometrista, audioprotesista, ortopedico, neurofisiopatologia, della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare, della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva (tnpee), della riabilitazione psichiatrica, occupazionale e della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, e assistente sanitario, dietista, igiene dentale, logopedista, podologo, ortottista ed educatore professionale.
LA FUGA DELLA FORMAZIONE IN ALTRE REGIONI E ALL’ESTERO
In questo momento tanti giovani sono costretti a trasferirsi in altre regioni italiane formazione oppure in altri paesi, ad esempio la Spagna, dove sono previsti corsi di solo due anni di frequentazione, che consentono, una volta rientrati in Italia, di accedere alla restante ciclo formativo, aggirando così il numero chiuso. Di lavoro nel nostro paese ce n’è tanto anche in provincia di Salerno non solo nel settore pubblico ma anche in quello privato accreditato e non solo.
Una vera e propria emergenza chi vede l’ordine Trsm invocare non solo l’aumento dei posti nei corsi già operativi, ma anche l’attivazione degli ulteriori corsi di formazione arrivando a tutti quelli per i 18 albi. E c’è una necessità anche di formazione continua di coloro che già iscritti, ma che hanno bisogno di aggiornamenti professionali per le innovazioni tecnologiche e farmaceutiche in campo sanitario.
IL CASO OSTEOPATI
C’è poi il caso degli osteopati, il cui corso di laurea è stato già istituito da una legge, ma ci sono solo tre corsi attivi, a Verona, Firenze e a Roma, nessuno al Sud, nonostante le diverse università. Per giunta, manca il decreto interministeriale di equipollenza dei titoli ministeriali pregressi degli osteopati, ottenuti da professionisti seguendo varie scuole italiane e straniere, pur se con programmi diversi. Gli osteopati servono sia in strutture private sia pubbliche, come varato dalla conferenza Stato Regioni nell’area preventiva. Al momento, quindi, continuano ad operare osteopati con diversa formazione: in Campania al momento 1.500 operatori, attorno ai 300 nel Salernitano, ma ne servirebbero molto di più (il 29 novembre prevista una convegno alla Camera dei deputati).
Pur aumentando le necessità di queste figure professionali, anche del triplo di quelle esistenti, in Campania e nel Salernitano mancano perfino i corsi di formazione e spesso chi li segue fuori regione, non torna più al sud, con una voragine nell’offerta delle professioni sanitarie.