La direzione sarebbe anche quella di Sidone, ma lì ci sono i soldati italiani della missione dell’Unifil con la “Sassari”
Il progetto di Israele è di entrare da Sud e Sud est in Libano per una manovra a tenaglia e isolare la parte meridionale del paese dei Cedri, già per buona parte senza residenti. L’intento dei soldati dell’Idf, l’esercito israeliano, sarebbe quello di isolare l’area Sud. In questa zona ci sono molte basi da dove Hezbollah da decenni lancia i missili con l’area Nord di Israele. Secondo la Risoluzione delle Nazioni Unite numero 1701 del 2006 Hezbollah avrebbe dovuto ritirare i suoi gruppi armati dal sud del fiume Litani, dove ci sono intere batterie, veri e propri sistemi missilistici, ma non lo ha fatto, impedendo di fatto all’Unifil e alle esercito libanese di creare un efficace effetto cuscinetto.
Tecnicamente l’esercito israeliano, alle 00, ha fatto entrare solo delle pattuglie ma non si tratta di una vera e propria invasione in massa, tant’è che l’esercito libanese è arretrato solo tra i 5 e i 7 chilometri e i militari dell’Unifil sono nei bunker. Praticamente tra il confine (posto che si possa chiamare in maniera netta) tra Israele e il sud del Libano non c’è nulla, nemmeno quel “cuscinetto” che l’Unifil e i soldati libanesi rappresentavano.
LA “SASSARI”
In quella zona ci sono 10mila soldati dell’Unifil, di cui oltre mille italiani con la Brigata Sassari che ha assunto il comando della missione. Al momento il portavoce dell’Onu ha dichiarato che l’Unifil, ha fermato il pattugliamento. Il portavoce dell’Organizzazione delle Nazione Unite, Stephane Dujarric, ha dichiarato «I nostri caschi blu Unifil rimangono in posizione nell’area di responsabilità della missione, mentre l’intensità dei combattimenti impedisce i loro movimenti e la capacità di svolgere i compiti loro assegnati». Ora la situazione diventa più incandescente. A dimostrazione, il ritiro anche dell’esercito libanese.
L’AVVERTIMENTO (Sud, ma anche con possibili proiezioni fino a Beirut)
Il portavoce dell’Idf, Avichay Adraee, ha chiesto ai residenti di lasciare alcune zone nel quartiere di Dahiya e altri due nella stessa area, nella zona sud di Beirut, in vista di nuovi raid contro Hezbollah. Proprio su Dahiya, roccaforte Hezbollah già diversi bombardamenti. Una ventina i bombardamenti nel sud del paese dei cedri.
PER GLI USA, UN’INCURSIONE LIMITATA
Per gli Stati Uniti un’incursione di Idf che sarebbe stato limitata nel tempo, probabilmente il tempo di far saltare alcuni sistemi missilistici. Limitata ma non si sa fino a cosa e quando.
NUOVO APPELLO DI TAJANI: «CITTADINI ITALIANI LASCINO IL LIBANO»
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani a Tg2 Post: «La situazione è estremamente complicata, ci sono combattimenti in corso, per la massima garanzia è bene che i cittadini italiani se ne vadano dal Libano».
I PERICOLI
È pur vero che dopo l’uccisione di Hassan Nasrallah, Hezbollah è pesantemente ridimensionato, soprattutto nei suoi vertici militari, così ridimensionato è lo stesso Iran, soprattutto a causa della supremazia aerea israeliana, bloccato alle minacce di ritorsione ma senza far nulla. Una missione degli israeliani che necessariamente deve rimanere limitata nel tempo, per evitare che la popolazione di vari stati si uniscano in una protesta generale, specie dei più giovani, costringendo i paesi musulmani moderati ad intervenire, pur se le élite non ne hanno voglia perché ormai gli interessi sono diversi e verso la pace, oltre ad avere come nemenico comune proprio l’Iran. Si parla anche della collaboraziome di una parte degli Iraniani con Israele a partire dalla caduta nella regione di Aras, a circa 600 chilometri a nord-ovest di Teheran, durante il volo di ritorno da una visita in Azerbaigian (paese amico di Tel Aviv) di quello che era il vertice della repubblica islamica. Oltre al presidente Raisi, nell’incidente morirono anche l’allora ministro degli Esteri, Hossein Amir-Abdollahian, e altre sei persone. Ci sono poi le parole di Netanyahu rivolte agli Iraniani, «Presto per voi arriverà la libertà», a dimostrazione che l’obiettivo reale sarebbe l’Iran.
Il pericolo vero a questo punto è sempre più il sollevamento della popolazione musulmana.
Tutto quindi si gioca sulla rapidità dell’azione di Tel Aviv iniziata stasera. Un gioco d’azzardo per risolvere definitivamente i contenziosi con le minacce da nord con Hezbollah e da sud con Hamas, sembra l’intenzione di Netanyahu dopo la strage del sette ottobre 2023, nel momento in cui Tel Aviv di fatto non ha chi li possa bloccare, atteso che Biden è gli Usa sono alla fine della legislatura e quindi non possono fare neanche nessuna pressione.
Gli Usa renderanno operativi una seconda portaerei perché rischia di diventare lui stesso vittima di reazioni di gruppi musulmani (vedi attentati in Iraq contro basi a stelle e strisce), nonostante abbia cercato di evitare l’allargamento del conflitto. Del resto, gli Stati Uniti hanno firmato accordi con l’Iraq per abbandonare il paese dopo la seconda guerra del Golfo e vogliono continuare il disimpegno dal Medioriente.
Il problema vero è che i gruppi dirigenti musulmani nel Medioriente sono funestati da corruzione, doppi giochi, guerriglie interne, inaffidabilità senza contare che il Libano è una gravissima crisi: chi potrà siglare una pace con Israele? Da qui, la possibilità di una reazione popolare come reazione anche verso le proprie élite e la necessità di far presto.
AGGIORNAMENTI
00.55. L’ingresso dei carri armati diventa più numeroso.