Scissione M5S, con Di Maio una cinquantina di deputati: molti i campani

Tra i big l’ex ministro Vincenzo Spadafora, Laura Castelli, Filippo Gallinella, Anna Macina, Manlio Di Stefano. Tra i Salernitani sembra Cosimo Adelizzi. Le indiscrezioni sui nomi.

È scissione nel Movimento cinque stelle. Una cinquantina i deputati che avrebbero scelto di seguire il ministro degli esteri ed ex capo politico del Movimento, Luigi Di Maio. Alla Camera già i numeri per formare un gruppo autonomo, al Senato non ancora.

Si vociferano una serie di nomi di deputati passati con Di Maio, altri in forse. Dai rumor sarebbero passati con il ministro degli esteri:
DEPUTATI
Cosimo Adelizzi
Alessandro Amitrano
Elisabetta Barbuto
Sergio Battelli
Vittoria Casa
Andrea Caso
Laura Castelli
Tiziana Ciprini
Luciano Cillis
Paola Deiana
Sabrina De Carlo
Iolanda Di Stasio
Manlio Di Stefano
Daniele Del Grosso
Francesco D’Uva
Marialuisa Faro
Filippo Gallinella
Luigi Gallo
Andrea Giarrizzo
Nicola Grimaldi
Luigi Iovino
Caterina Licatini
Anna Macina
Alberto Manca
Dalila Nesci
Davide Serritella
Vincenzo Spadafora
Elisa Tripodi
Gianluca Vacca
Simone Valente
Gianfranco Di Sarno
Generoso Maraia
Margherita Del Sesto
Luciano Cadeddu
Pasquale Maglione
Filippo Gallinella
Gianluca Rizzo
Giovanni Luca Aresta
Mattia Fantinati
Roberta Alaimo
Maria Pallini
Chiara Gargnarli
Marianna Iorio
Luca Frusone
Silvana Nappi
Giuseppe D’Ippolito
Emanuele Scagliusi
Patrizia Terzoni

SENATO
Emiliano Fenu
Carla Ruocco
Fabrizio Trentacoste
Antonella Campagna
Vincenzo Presutto
Primo Di Nicola
Simona Nocerino
Gianmarco Corbetta
Pietro Lorefice
Vincenzo Santangelo
Sergio Vaccaro
Daniela Donno
Raffaele Mautone

Luigi Di Maio non solo lascia il Movimento 5 stelle, ma ne infrange le tavole sacre. Quei principi su cui si fondava la missione di Beppe Grillo, con il Movimento che nove anni fa entrava in Parlamento per aprirlo “come una scatoletta di tonno”.

All’epoca, ad applaudire il fondatore, c’erano molti fra gli oltre cinquanta deputati e senatori riuniti in una saletta dell’Hotel Bernini di Roma, a spellarsi le mani per il ministro degli Esteri che apre un nuovo capitolo politico, “insieme per il futuro”, come la chiusa del suo discorso alla stampa in cui ha rinnegato una delle regole auree dei grillini: “Da oggi inizia un nuovo percorso.

Per fare progredire l’Italia da Nord a Sud verso le sfide globali abbiamo bisogno di aggregare i migliori talenti e le migliori capacità, perché’ uno non vale l’altro”. Mentre in platea qualcuno non trattiene un sussulto, Di Maio aggiunge: “Le esperienze, le capacità personali, devono rappresentare un valore aggiunto per le forze politiche”. D’altronde, è la sua tesi, uno dei fallimenti del M5s guidato da Giuseppe Conte è stato quello di non imparare dagli errori del passato (“molti li abbiamo fatti insieme”), di non saper fare il salto di maturità.

La sua “operazione verità” parte dalla “ambiguità in politica estera”, da quel “bivio” in cui lui e i suoi hanno deciso di stare “dalla parte giusta della storia”. Perché, aggiunge, “picconare la stabilità del governo solo per ragioni legate alla crisi di consenso è da irresponsabili”. E non è casuale l’unica citazione del ministro, dedicata allo scomparso presidente del Parlamento europeo David Sassoli.

Lo scontro sulla politica estera, però, è solo la partenza. In poco meno di venti minuti di discorso – senza possibilità di domande per la stampa – Di Maio passa in rassegna tutti i temi che in questi mesi hanno creato un subbuglio crescente nel Movimento, fino alla scissione. Quella che nasce “non sarà una forza politica personale, non ci sarà spazio per l’odio, populismo, sovranismo ed estremismi”, chiarisce facendo anche riferimento alle posizioni no vax. E ancora: “È finita l’epoca dell’ipocrisia, chi sta provando a proporre soluzioni semplici a problemi complessi si sta staccando dalla vita reale”.

Definendosi ‘draghiano’ e pronto a sostenere il governo, ora il leader ha una ‘squadra’ che conta 51 deputati e 11 senatori, da cui sotto i lampadari di cristallo riceve più di una standing ovation. C’è la convinzione diffusa che i numeri in Parlamento aumenteranno dopo i ballottaggi, e proprio i sindaci saranno “i primi interlocutori” del progetto, “un’onda con al centro le esigenze territoriali”, per usare le parole del ministro. Il piano è scattato nella mattina in cui il governo doveva fronteggiare la sfida del M5s sulla risoluzione sull’Ucraina. E si è conclusa con risultati al di là delle attese.

“Quella di oggi è una scelta sofferta – assicura Di Maio – che mai avrei immaginato di dover fare. Oggi io e tanti lasciamo il M5s che da domani non sarà più la prima forza politica del Paese”. I prossimi mesi diranno quanto vale la nuova creatura politica del ministro degli Esteri.

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