I carabinieri del comando provinciale di Napoli hanno inflitto un duro colpo alla criminalità organizzata nella città di Poggiomarino e comuni limitrofi. Sequestrati circa 50 milioni di euro e bloccata la rete criminale estesasi a Pagani. Lo spaccio di droga anche in Cilento e Piana del Sele. Nel traffico illecito un cantante neomelodico. Documentati contatti con le ‘ndrine calabresi per approviggionamento della droga
Sono 26 le persone raggiunte da una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dall’ufficio Gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia, gravemente indiziate, a vario titolo, di aver fatto parte di due distinte organizzazioni criminali. Il provvedimento è stato eseguito dai carabinieri del Nucleo investigativo di Torre Annunziata. Si tratta di una ampia e articolata indagine, strutturata anche sul profilo patrimoniale, compresa tra la fine del 2016 e febbraio del 2020 e che ha riguardato due sodalizi criminosi operanti su Poggiomarino, in lotta tra loro per l’egemonia sul medesimo territorio, ma capaci di ricercare e trovare un sostanziale equilibrio nell’approvvigionamento comune di sostanze stupefacenti su larga scala.
Al clan storicamente già riconosciuto su quel territorio, riconducibile a Giugliano Antonio ‘o’savariello’, luogotenente del clan Fabbrocino detenuto presso il Carcere di Nuoro, si è affiancata e contrapposta una nuova entità criminale sorta a seguito della scarcerazione del pregiudicato Giugliano Rosario, o’minorenne (solo omonimo di Antonio). L’obiettivo di quest’ultimo (storico sicario del clan Galasso) “era di ricercare occasioni e spazi criminali per affermare l’autonomia di un clan autoctono, proprio nella consapevolezza che il clan dominante su Poggiomarino era capeggiato da Giugliano Antonio proveniente da Palma Campania ed imposto sul territorio dal ras Fabbrocino Mario”. In cerca di appoggi criminali e desideroso di instaurare una egemonia sul territorio, “Giugliano Rosario intraprendeva alleanze con i Batti di San Giuseppe Vesuviano e con gruppi criminali dell’Agro nocerino sarnese, in particolare con i Ferraiuolo di Pagani mentre, in virtù dell’ascendenza con il potente clan Moccia di Afragola, ha rivendicato maggiori spazi operativi arrivando più volte allo scontro con il clan di Giugliano Antonio, retto dal figlio Giugliano Giuseppe Giuliano”. Il clan di Giugliano Rosario (che ha agito per molto tempo dal carcere attraverso la compagna Caputo Teresa) “era composto dallo stesso Giugliano Rosario, nel ruolo di vertice e promotore, unitamente ai suoi più diretti fiduciari (dell’Agro e di Pagani ) Manzella Alfonso, Sorrentino Cristian, promotori ed organizzatori dell’associazione, e sovrintendenti alle attività illecite nel campo delle estorsioni e del commercio di stupefacente.
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In posizione subalterna, Iervolino Antonio e Iervolino Salvatore, curavano il raccordo tra i vertici del gruppo e le altre componenti del clan dedite al controllo del territorio ed al commercio dello stupefacente, tra cui è opportuno menzionare Orefice Giovanni, Nappo Giuseppe e Marano Domenico Gianluca, costituenti, tra l’altro, il braccio armato del clan, deputato a commettere azioni di fuoco ed atti intimidatori”. In particolare, in riferimento all’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, promanazione dello stesso clan capeggiato da Giugliano Rosario ed a cui è stata attribuita l’aggravante dell’agevolazione mafiosa cui all’art. 416bis1 c.p., è emersa una fitta rete di spaccio di cocaina e marijuana, approvvigionata rispettivamente da esponenti del clan Formicola di San Giovanni a Teduccio (Urio Giovanni e suo figlio Pasquale) e dalla famiglia Batti. Le cessioni di narcotico avvenivano mediante una fitta rete di pusher anche nella Piana del Sele e nel Cilento ed attraverso persone insospettabili una guardia giurata, un titolare di pizzeria, e una addetta presso un’impresa di pulizie). L’asse dei traffici illeciti si è spostato anche sulla città di Pagani “avvalendosi della complicità del figliastro Manzella Alfonso, cantante neo melodico, che attraverso le proprie canzoni reclutava sodali e lanciava invettive verso Forze dell’Ordine e Magistratura”.
L’altro clan, quello di Giugliano Giuseppe Giuliano, “è risultato operativo soprattutto nel campo dell’approvvigionamento di sostanze stupefacenti ed è risultato in contatto con la n’drina calabrese dei Pesce – Bellocco della Piana di Gioia Tauro, dalla quale si riforniva di marijuana attraverso Elia Giosafatte Giuseppe”. Il narcotico veniva poi trasportato e custodito da “incensurati insospettabili”, che utilizzavano i furgoni per la distribuzione del caffè quali vettori per movimentare lo stupefacente. Un altro settore, nel quale è risultato ben inserito il clan Giugliano, è il riciclaggio di denaro sporco all’interno di numerose aziende ubicate anche al dì fuori dei confini regionali. “Le indagini patrimoniali, – recita una nota stampa – estese ai nuclei familiari degli indagati Giugliano Rosario, Viesti Domenico, Caputo Teresa, Vorraro Francesco, Orefice Giovanni, Iervolino Antonio, Iervolino Salvatore Tommaso, Manzella Alfonso, Mimgo Giuseppe, De Michele Francesco, Nappo Mario, Giugliano Giuseppe Giuliano, De Filippo Adriano, Sorrentino Cristian e Pisciotta Elia, hanno consentito di evidenziare l’effettiva sussistenza di disponibilità economiche e flussi monetari con reinvestimenti, anche immobiliari, ritenuti sproporzionati ai redditi dichiarati, documentando le sperequazioni risultanti al momento di ogni singolo acquisto e quella maturata negli anni. Sulla base delle risultanze investigative, è stato pertanto emesso un decreto di sequestro preventivo relativamente a beni mobili (7 autoveicoli e 3 motocicli), immobili (14 appartamenti e 8 terreni), rapporti finanziari (88 rapporti finanziari e 8 polizze assicurative), imprese (1 ramo d’azienda, 5 quote di capitale sociale nonché i beni aziendali e strumentali di 13 società), per un valore complessivo stimato in circa 50.000.000,00 euro”.
Giuseppe Colamonaco
