Diverse le posizioni in campo. Il problema rimane il rapporto con M5S e lo scontro interno
Caos correnti nel Pd e Nicola Zingaretti non fa passi indietro, conferma sue dimissioni da segretario del partito, ma avverte «Non scompaio con le mie idee. Ho voluto dare una scossa quando ho percepito che il partito si poteva bloccare in dinamiche interne. Il mio è un atto d’amore». La situazione in cui versa il partito democratico è assai precaria. Il problema delle correnti e quindi sulla leadership passa anche attraverso il rapporto con l’M5S di Giuseppe Conte, tra chi vorrebbe arrivare a un’alleanza stabile e chi invece vuole prendere il largo, temendo di finire di fare la ruota di scorta dei pentastellati. La situazione sembra impantanata. Per ora, l’incognita è chi scegliere anche come reggente temporaneo del partito. Tanti i nomi in campo, dall’ex ministro della difesa Roberta Pinotti (del gruppo del ministra alla cultura Dario Franceschini), o di Piero Fassino. A tirarsi fuori dal totonomi è l’ex presidente del consiglio del ministri, Enrico Letta: «Con sorpresa ho letto il mio nome sui giornali come possibile nuovo segretario del Pd. Io faccio un’altra vita e un altro mestiere». Letta ritiene che l’Assemblea debba chiedere a Nicola Zingaretti di riprendere la leadership». Sulla stessa linea anche Virginio Merola, sindaco di Bologna, che in più aggiunge: «L’Assemblea del Pd deve confermare la linea politica di Nicola Zingaretti, non vedo un’alternativa al campo progressista con il M5S e Leu anche perché non stiamo parlando dei grillini di un anno fa ma di una forza politica che oggi è ancorata nell’europeismo». Il primo cittadino bolognese continua ad augurarsi che l’Assemblea respinga le dimissioni, ma «non credo lo farà.
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Nicola ha tolto il Pd dall’isolamento, ha riportato il Paese in Europa, la pandemia è stata gestita più che dignitosamente, e si era cominciato a ridurre la tassazione, in particolare ai lavoratori. Dunque la linea politica di Zingaretti è quella giusta ora e per il futuro». Netto anche Francesco Boccia: «La lettera drammatica e cruda al tempo stesso, impone una scossa costruttiva al partito, per riportarci alla discussione sui valori su cui sono nati l’Ulivo prima e il Pd poi». Maurizio Landini si dice colpito del post in cui Zingaretti ha annunciato le dimissioni: «Si capisce davvero come sia urgente un processo di rigenerazione e ricostruzione della politica, non solo della sinistra politica». Dimissioni che stanno causando ripercussioni anche al governo Draghi. Lo evidenzia senza mezzi termini Nicola Fratoianni, all’opposizione dell’esecutivo di unità nazionale con Sinistra italiana, che sentenzia: «C’è una cosa chiara è che il governo Draghi ha terremotato l’alleanza Pd, M5S e sinistra. Oggi quell’alleanza è necessario ricostruirla a partire dalle scelte concrete, da un’idea di Paese, dalle prossime elezioni amministrative. Noi ci siamo». Chi avrà in mano le sorti del Pd nei prossimi mesi avrà anche il compito di gestire gli appuntamenti elettorali e il rapporto con M5S. La “punta” di Leu, il ministro della Salute Roberto Speranza, chiede: «Attorno a grandi temi c’è lo spazio per rifondare una sinistra larga e plurale. Le soggettività politiche esistenti si stanno dimostrando insufficienti per rispondere alla domanda di protezione che viene dalla società. Il Pd ha mostrato i suoi limiti, ma anche le esperienze costruite al di fuori del Pd non hanno raggiunto gli obiettivi».
