Covid, 100mila infortuni in Italia, triplicati nel Salernitano, quarto il Napoletano per morti

Sui luoghi di lavoro si sono infettati il 13% degli italiani positivi al Sars Cov 2. L’aumento è più sostanzioso nella seconda ondata. I dati per zona, tipologia di lavoratori, sesso. Un’analisi puntuale e interessante

Sono 104.328 le infezioni da Covid-19 di origine professionale denunciate all’Inail al 30 novembre, pari al 20,9% del complesso delle denunce di infortunio sul lavoro pervenute dall’inizio dell’anno. Il 13% dei contagiati nazionali comunicati dall’Istituto superiore di sanità ha contratto il Sars Cov 2 in ambito lavorativo.

Le due ondate
Dei 104.328 infortuni, 66.781 denunce sono state presentante da febbraio al 30 settembre. Ottobre e a novembre sono stati 37.547 (9.399 relativo al decimo mese dell’anno e 27.788 riferiti a novembre). Questi i primi dati che emergono dall’undicesimo report nazionale elaborato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, pubblicato oggi insieme alla versione aggiornata delle schede di approfondimento regionali, la ”seconda ondata” dei contagi ha avuto un impatto più significativo della prima anche in ambito lavorativo. Nel bimestre ottobre-novembre, infatti, si rileva il picco dei contagi con quasi 49mila denunce di infortunio (pari al 47% del totale) rispetto alle circa 46.500 registrate nel bimestre marzo-aprile. Il divario, peraltro, è destinato ad aumentare nella prossima rilevazione per effetto del consolidamento particolarmente influente sull’ultimo mese della serie.

Le zone
L’analisi territoriale conferma che le denunce ricadono soprattutto nel Nord del Paese: il 50,3% nel Nord-Ovest (il 30,5% in Lombardia), il 21% nel Nord-Est, il 13,7% al Centro, l’11,1% al Sud e il 3,9% nelle Isole. Le province con il maggior numero di contagi sono Milano (11,9%), Torino (7,6%), Roma (4,2%), Napoli (3,9%), Brescia (3,2%), Genova (2,8%), Varese (2,7%) e Bergamo (2,6%). In termini relativi, però, sono le province meridionali a registrare i maggiori incrementi: Reggio Calabria, Caltanissetta, Caserta e Salerno vedono più che triplicare i casi denunciati rispetto alla rilevazione di fine ottobre. Concentrando l’analisi esclusivamente sui decessi, la percentuale del Nord-Ovest sale al 53,8% (il 39,3% in Lombardia), ma rispetto al totale delle denunce si osserva una quota più elevata al Sud, che con il 16,9% dei casi mortali precede il Centro (13,7%), il Nord-Est (12,8%) e le Isole (2,8%). Le province che contano più decessi si confermano essere quelle di Bergamo (11,2%), Milano (8,5%), Brescia (6,8%), Napoli (6,3%), Roma (5,5%) e Cremona (4,9%). Rispetto alle attività produttive coinvolte dalla pandemia, il settore della sanità e assistenza sociale – che comprende ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili – con il 68,7% delle denunce e il 23,7% dei casi mortali codificati precede l’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali), in cui ricadono il 9,2% delle infezioni denunciate e il 10,3% dei decessi. Gli altri settori più colpiti sono i servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e call center), il manifatturiero (tra cui gli addetti alla lavorazione di prodotti chimici e farmaceutici, stampa, industria alimentare), le attività dei servizi di alloggio e ristorazione e il commercio.

Sesso ed età
La maggioranza dei lavoratori contagiati da Covid sul lavoro sono donne (69,4%), con un’età media dall’inizio dell’epidemia di 46 anni per entrambi i sessi. Lo comunica l’INAIL. Il 42,5% delle denunce riguarda la classe 50-64 anni, seguita dalle fasce 35-49 anni (36,8%), 18-34 anni (18,8%) e over 64 anni (1,9%). I decessi, invece, sono concentrati soprattutto tra gli uomini (84,2%) e nella fascia 50-64 anni, con il 71,6% del totale dei casi. Seguono le fasce over 64 anni (18,6%) e 35-49 anni (8,7%), con un’età media dei deceduti di 59 anni. L’85,6% dei contagi denunciati riguarda lavoratori italiani. Il restante 14,4% sono stranieri (otto su 10 donne), concentrati soprattutto tra i lavoratori rumeni (pari al 20,2% dei contagiati stranieri), peruviani (15,0%), albanesi (7,8%) ed ecuadoregni (5,1%).

Le categorie
La categoria professionale più colpita dai contagi di Covid 19 sul lavoro continua a essere quella dei tecnici della salute, con il 38,6% delle infezioni denunciate, circa l’82% delle quali relative a infermieri, e il 9,3% dei casi mortali, seguita dagli operatori socio-sanitari (18,6%), dai medici (9,5%), dagli operatori socio-assistenziali (7,6%) e dal personale non qualificato nei servizi sanitari, come ausiliari, portantini e barellieri (4,7%). Le altre categorie più coinvolte sono quelle degli impiegati amministrativi (4,3%), degli addetti ai servizi di pulizia (2,2%), dei conduttori di veicoli (1,2%) e dei dirigenti amministrativi e sanitari (1,0%). Dall’analisi dei dati per mese di accadimento emerge una progressiva riduzione dell’incidenza dei casi di contagio per le professioni sanitarie nelle prime due fasi e una risalita nella terza. La categoria dei tecnici della salute, in particolare, è passata dal 39,3% del primo periodo, fino a maggio compreso, al 21,4% del trimestre giugno-agosto, per poi risalire al 38,6% nell’ultimo trimestre. I medici, scesi dal 10,2% della fase di ”lockdown” al 3,7% in quella ”post lockdown”, hanno fatto registrare il 9,0% nella ”seconda ondata” dei contagi. Con la ripresa delle attività, altre professioni hanno invece visto aumentare l’incidenza dei casi di contagio tra le prime due fasi e registrato una riduzione nella terza. Gli esercenti e addetti nelle attività di ristorazione, per esempio, sono passati dallo 0,6% del primo periodo al 4,2% di giugno-agosto e allo 0,8% tra settembre e novembre. Gli addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia, tra la prima e la seconda fase hanno raddoppiato la percentuale dei contagi rispetto al totale (dallo 0,6% all’1,2%), per poi attestarsi allo 0,9% nell’ultimo trimestre. Le infezioni relative agli artigiani e operai specializzati delle lavorazioni alimentari, invece, sono aumentate dallo 0,2% al 7,1%, per poi tornare allo 0,2% dei contagi denunciati tra settembre e novembre. Viceversa altri settori, osserva Inail, con la graduale ripresa delle attività, in particolare nel periodo estivo, hanno visto aumentare l’incidenza dei casi di contagio tra le prime due fasi e una riduzione nella terza. È il caso, per esempio, dei servizi di alloggio e ristorazione (passati dal 2,5% del primo periodo, al 6,3% del trimestre successivo e al 2,4% nel trimestre settembre-novembre) e dei trasporti (passati dall’1,2%, al 5,8% e al 2,4%). Il decremento osservato in questi settori nell’ultimo trimestre analizzato non deve però trarre in inganno. In ottobre e, in particolare, a novembre il numero dei contagi sul lavoro da Covid-19 denunciati all’Inail è tornato ad aumentare vigorosamente in tutti i settori di attività. A diminuire è la quota di questi casi sul totale, a fronte del più consistente aumento che caratterizza nuovamente la sanità, sia in valore assoluto che relativo.

Settore sanitario
Nel settore della sanità e assistenza sociale – che comprende ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili – si concentrano il 68,7% delle denunce per Covid 19 contratto sul luogo di lavoro e il 23,7% dei casi mortali codificati. Lo comunica l’INAIL. Nel settore amministrazione pubblica (sotto cui ricadono le attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali), si trova il 9,2% delle infezioni denunciate e il 10,3% dei decessi. Gli altri settori più colpiti sono i servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e call center), il manifatturiero (tra cui gli addetti alla lavorazione di prodotti chimici e farmaceutici, stampa, industria alimentare), le attività dei servizi di alloggio e ristorazione e il commercio. Ripartendo l’intero periodo di osservazione in tre intervalli – fase di ”lockdown” (fino a maggio compreso), fase ”post lockdown” (da giugno ad agosto) e fase di ”seconda ondata” di contagi (settembre-novembre) – per l’insieme dei settori della sanità, assistenza sociale e amministrazione pubblica (Asl) si osserva una progressiva riduzione dell’incidenza delle denunce tra le prime due fasi e una risalita nella terza (si è passati dall’80,5% dei casi codificati nel primo periodo al 49,2% del trimestre giugno-agosto, per poi risalire al 76,3% nel trimestre settembre-novembre).

I decessi
I casi mortali sono 366, pari a circa un terzo del totale dei decessi denunciati all’Inail dall’inizio dell’anno, con un’incidenza dello 0,7% rispetto ai deceduti nazionali da Covid-19 comunicati dall’Iss alla stessa data. Rispetto ai 332 decessi rilevati dal monitoraggio al 31 ottobre, i casi mortali segnalati all’Istituto sono 34 in più, di cui 20 nel solo mese di novembre. Lo comunica l’Inail. La metà dei decessi (50,3%) è avvenuta ad aprile, il 33,1% a marzo, il 6,0% a maggio, il 5,5% a novembre, l’1,6% a luglio e a ottobre, l’1,4% a giugno e lo 0,3% ad agosto e settembre. Concentrando l’analisi sui decessi per Covid 19 contratto sul luogo di lavoro, la percentuale del Nord-Ovest sale al 53,8% (il 39,3% in Lombardia), ma rispetto al totale delle denunce si osserva una quota più elevata al Sud, che con il 16,9% dei casi mortali precede il Centro (13,7%), il Nord-Est (12,8%) e le Isole (2,8%). Le province che contano più decessi si confermano essere quelle di Bergamo (11,2%), Milano (8,5%), Brescia (6,8%), Napoli (6,3%), Roma (5,5%) e Cremona (4,9%).
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