Non avevano nessuno scrupolo le due associazioni di sostanze stupefacenti con spacciatori che operavano addirittura nei pressi degli istituti scolastici scafatesi ma anche a Boscoreale e Terzigno
«Lo stupefacente in alcuni casi consegnato o comunque destinato a minorenni; per essere l’offerta o cessione dello stupefacente effettuata in prossimità di scuole; per essere la sostanza stupefacente adulterata o commista ad altre in modo che ne risulti accentuata la potenzialità lesiva». Questa una delle aggravanti contestate dal Gip che ha emesso 36 ordinanze cautelari nell’inchiesta “My Love” della Dda di Salerno e della procura di Nocera Inferiore. Dalle indagini del sostituto procuratore Giancarlo Russo e dei militari del tenente colonnello Rosario Di Gangi hanno registrato che gli istituti scolastici venivano presi, addirittura, come punto di riferimento per gli appuntamenti per lo spaccio anche con clienti adulti, in una settantina di casi da entrambe le associazioni delinquenziali sgominate martedì mattina. Nelle centinaia e centinaia di pagine di intercettazioni telefoniche, ha calcolato La Città, la parola scuola o scuole come luoghi per consegnare ai tossicomani la droga si ripete per oltre 170 volte. A preoccupare molto è pure la modifica, l’adulterazione degli stupefacenti per aumentare la potenza degli effetti sugli acquirenti, con danni maggiori per gli assuntori, specie di giovane età, esponendoli a gravissimi pericoli per la salute.
In questo quadro non stupisce che due mamme in particolare utilizzassero i figli minorenni per trasportare droga. In un caso, Teresa Cannavacciuolo avrebbe utilizzato un figlio minore per consegnare cinque dosi di sostanza stupefacente ad Andrea Carotenuto, fratello di Morena, per la successiva vendita a tossicodipendenti. Diversi gli episodi vedono indagata Morena Carotenuto per aver utilizzato due figli minori nello spaccio. Anche il cognato di Carotenuto, Raffaele Squillante avrebbe utilizzato il figlio minorenne di Morena Carotenuto, come il fratello di questa, per vendere droga a un tossicodipendente. Nelle intercettazioni telefoniche c’è una molto significativa per gli inquirenti. Dice mamma Morena al figlio: «…buttami ” una merendina buona” (la droga, ndr) dentro un fazzoletto! Ti devi muovere sono nel vicolo» Al che il figlio replica: «Quella là che è rimasta?». E la madre: «E’! Una “merendina buona” però!… Fai presto! Dentro il fazzoletto». La merendina in un altro caso diventa “maglietta”, come quando il figlio minore di Morena Caputo, parlando con lo zio Andrea Carotenuto lo avverte che è venuto un tossicodipendente che vuole, appunto, una maglietta, per indicare droga. Certamente, i figli non hanno ricevuto sempre insegnamenti che ci si attende da un genitore.