Perchè la ex “Cofima” non si abbatte?

Cancello aperto, non presidiato, di libero accesso, quei capannoni sono un deposito per il Comune. La lettera “pesante” sul destino dell’area. In una città dove si demoliscono le case degli abusivi, non si butta giù l’area illegale dell’azienda.

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CAVA DE’ TIRRENI
– Certo che è davvero strano, in un Comune come quello cavese, dove le case abusive van giù come foglie in autunno, proprio un immobile abusivo comunale rimane in piedi e per di più diviene teatro di un arrangiato deposito comunale e di bivacchi notturni ad opera di senza tetto o tossicci di turno. Sembra proprio che lo spettro dell’affare Cofima, che tante pagine di cronaca e non solo ha riempito, non voglia proprio saperne di andar via dal suolo cittadino, anzi viene anche foraggiato.

Quello che è immortalato nelle fotografie è quanto abbiamo constatato ieri mattina, entrando senza problemi visto che il cancello d’ingresso di via XXV luglio non ha catenacci, sotto gli asfissianti cieli dei capannonni dell’ex Cofima: cataste di sanpietrini divelti dalle strade, cassonetti della spazzatura comunali accatastati un pò ovunque.
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Si notavano chiaramente tracce di bivacchi notturni, i carrettini utilizzati durante la settimana medievale poggiati tra i topi un una stanza della struttura abbanddonata, ma quello che più ci ha colpito è il deposito dei cassonetti di ferro sul muro di sponda del canale Cornamuzzo, che costituisce un reato penale visto che sono violate le leggi ambientali riguardo il deposito a distanza dai corsi d’acqua.

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Fino a qualche mese fa, i locali di quella che doveva essere uno dei poli principali per la produzione in provincia di salerno se non anche oltre non potevano essere assolutamente utilizzati visto che il Comune aveva intentato causa alla curatela fallimentare per ottenere indietro la somma sborsata per l’acquisto in quanto era in voga la tesi di una vendita “aliud pro alio”. Di conseguenza il bene fosse utilizzabile per qualsiasi scopo, tant’è che nel 2012, tra le tante proposte di utilizzo, fu composto anche un progetto per realizzarci un’isola ecologica, ma il tutto fu bloccato dall’esposto di un confinante.

3_cofim-cava-de-tirreni-rtaliveAd ottobre 2016 invece l’ente metelliano rinunciò alla causa contro il tribunale fallimentare, causa le ingenti parcelle pagate a professionisti esterni e quindi l’immobile pur non avendo nessun requisito sanitario potrebbe essere utilizzato come deposito, anche se la porzione di struttura adibita a deposito risulta essere totalmente abusiva. Basta esamminare quanto contenuto in una corrispondenza protocollata nel 2012 tra l’ingengnere Antonino Attanasio, dirigente del IV settore, e l’architetto Collazzo dirigente del V settore, dove il primo comunicava al secondo di abbattere la struttura «essendo l’opera abusiva va abbattuta», ma di fatto è ancora in piedi.

Tirando le somme siamo dinanzi ad un immobile abusivo conosciuto dall’ente locale e che ordina a se stesso di abbatterlo ma poi non lo fa a spregio di un suo stesso ordine scritto e notificato, mentre le case “comuni” cadono vittima delle ruspe della procura. Cosa dire di più?

Adriano Rescigno – Le Cronache

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